A partire da oggi, Anticitera ha un suo logo: un’immagine semplice che, tuttavia, prova a sintetizzare alcuni elementi dell’identità del sito. L’immagine, ottenuta dallo slittamento di due circonferenze, vuole sottolineare un movimento di scarto, di differenza rispetto ai luoghi comuni di una cultura sempre più standardizzata. Nella circonferenza di destra si può riconoscere una “A” stilizzata, che è anche un richiamo a una vela sospinta dal vento e che unisce, così, il nome del sito all’isola cui esso si ispira. In questa uscita: Lucio Russo riflette sulla pericolosa ristrettezza di vedute che caratterizza spesso, e da decenni, la nostra classe dirigente, con le sue conseguenze storiche in termini di subalternità economico-politica e di decadimento sociale e culturale. Di fronte al crescente entusiasmo mostrato da decisori e comunicatori nei confronti di un generalizzato “adattamento al digitale” dell’esperienza umana nella società post-pandemia, Stefano Isola ne discute alcune implicazioni nel caso dell’esperienza musicale, anche alla luce di riflessioni di musicisti e compositori del passato. Edoardo Gianfagna prova a isolare uno dei caratteri ricorrenti di troppa cattiva cultura che, con l’ambizione d’innalzare il pensiero fino a vette mai raggiunte prima, scorda di portare con sé il senso comune. Ma forse è proprio con il senso comune che l’intellettuale deve avere l’umiltà di fare i conti: proprio per migliorarlo, per correggerne le storture. Alessandro Della Corte, Valeria Flamini e Marco Grimaldi recensiscono la recente e fortunatissima serie Netflix La regina degli scacchi. Per le letture, Francesca Romana Capone affronta il tema dei rapporti tra storia ed evoluzione a partire da un testo di Edmund Russell pubblicato di recente, ma anche di Il mutuo appoggio di Pëtr Kropotkin, anch’esso ripubblicato da poco in Italia e del quale proponiamo, nella Raccolta di testi, le due introduzioni del 1902 e 1914. Ancora nella Raccolta di testi, in occasione del settimo centenario della morte di Dante, pubblichiamo l’articolo programmatico scritto dal filologo Michele Barbi per il primo numero degli “Studi danteschi” nel 1920. Rileggere queste pagine è utile perché ancora oggi il compito principale di chi si occupa di Dante dovrebbe essere pubblicare e interpretare le opere («opere delle quali non si può oggi, e comunemente, avere la immediata intelligenza e la netta percezione estetica») e rendere «comune una solida cultura dantesca, o almeno mostrare la necessità di tale cultura». Infine, sempre nella Raccolta di testi, ripubblichiamo una serie di articoli scritti tra il 1997 e il 2001 dallo storico statunitense David Noble (1945-2010), in cui vengono analizzati criticamente alcuni passaggi cruciali del processo storico che ha visto l’ingresso delle università americane nell’era dell’automazione e della commercializzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento, anticipando per molti aspetti quanto poi accaduto anche da noi. |
Autore: cerigotto
Pandemia, ricerca e miopia
di Lucio Russo
Nel 1963 Giuseppe Saragat dette il via a una feroce campagna di stampa contro Felice Ippolito che, dirigendo il CNEN, aveva osato spendere danaro pubblico nella ricerca nucleare, portando l’Italia a livelli competitivi in questo settore. L’11 agosto di quell’anno, in un articolo sul “Corriere della Sera”, Saragat si chiedeva: “Perché non aspettare che questa competitività sia realizzata da paesi che hanno quattrini da spendere?”
Continua a leggere “Pandemia, ricerca e miopia”Né il vero né il falso, semmai l’irreale: quali esperienze musicali nel post-covid?

di Stefano Isola
Tra le attività umane che hanno subito i colpi più duri da parte del regime di distanziamento sociale in atto da circa un anno in molti paesi del mondo (pur con modalità e intensità diverse) vi sono quelle associate all’esperienza della musica dal vivo, che si è interrotta d’un colpo, lasciando legioni di strumentisti, studenti di conservatorio, musicisti indipendenti, orchestrali, direttori d’orchestra, promotori musicali, cantautori, arrangiatori, accordatori, in un lungo purgatorio di inattività forzata. Per altro, come in molti altri settori, anche per l’attività musicale si è rapidamente interposto l’apparato della rete, dei computer, dei servizi di live streaming, e i mille dispositivi e applicazioni utili a trasmettere e condividere materiali di vari tipo su piattaforme digitali. Insomma, l’esistenza stessa di un’infrastruttura digitale diffusa nella nostra società ha permesso che alcune attività potessero essere perpetuate, seppure in forma surrogata, anche in pieno lockdown. D’altra parte, come appare evidente in molti casi specifici, dal lavoro all’istruzione, dal commercio allo spettacolo, tale perpetuazione mette in atto, in modo pressoché automatico, anche una sorta di selezione artificiale tra le diverse modalità, significati, contesti, peculiarità con cui le varie attività possono continuare ad esistere, lasciando svanire come ombre al buio quelle meno adattabili ai protocolli della formattazione digitale.
Continua a leggere “Né il vero né il falso, semmai l’irreale: quali esperienze musicali nel post-covid?”Il complesso rapporto tra storia ed evoluzione

di Francesca Romana Capone
Il saggio Storia ed evoluzione di Edmund Russell, offre lo spunto per ragionare, in termini più ampi, sull’intreccio che ha legato l’evoluzione biologica e quella culturale sin dalla comparsa delle idee di Darwin. Proprio un “eretico” di inizio Novecento, Pëtr Kropotkin, con il suo Il mutuo appoggio, di recente ripubblicato in italiano, aiuta a mettere in evidenza alcuni nodi problematici nella relazione di “scambio” tra storia e biologia evoluzionistica.
È la natura che guida la storia?
“Unificare le conoscenze di storia e biologia all’interno della storia evoluzionistica ci permette di comprendere il passato meglio di quanto non possano fare le due discipline prese singolarmente”1 . È questa la principale conclusione del saggio Storia ed evoluzione. Un nuovo ponte tra umanesimo e scienza di Edmund Russell, pubblicato di recente da Bollati Boringhieri. Un testo che si offre soprattutto come un programma di ricerca: partendo dal presupposto che l’uomo non solo è effetto, ma anche causa di processi evolutivi (si pensi, ad esempio, ai batteri resistenti agli antibiotici, oltreché alle specie vegetali e animali consapevolmente selezionate), Russell si propone di far convergere gli strumenti dello storico e dell’evoluzionista nell’analisi della storia umana. È infatti convinzione dello studioso che uno sguardo capace di cogliere aspetti quali la coevoluzione delle specie o la diversa velocità dell’evoluzione genetica e culturale, sia in grado di offrire spiegazioni più profonde di alcuni fenomeni storici.
Continua a leggere “Il complesso rapporto tra storia ed evoluzione”Connotazione, confusione e minestrone. Ovvero come i linguaggi oscuri possano far danno.
di Edoardo Gianfagna
Gli ambienti in cui sono cresciuto, coloriti, rumorosi e schietti, erano popolati da individui spicci, a corto di studi, assorbiti da negozi ed impellenti necessità pratiche, rispettosi della cultura del medico, del professore, del commercialista o del notaio; ma anche capaci di impiparsene, quando pareva che quella cultura non si interessasse minimamente ai loro problemi. Così feci mia un’idea del sapere intrisa di utilitarismo, cioè della convinzione che le cose che sappiamo debbano servirci a qualcosa.
Essendo duro di comprendonio impiegai gli anni del liceo per capire che quell’idea era una mezza fesseria. Il bisogno di conoscere, la curiosità che mi avevano spinto ad osservare per ore il brulicare dei formicai davanti all’uscio di casa, potevano non avere alcuna ricaduta pratica immediata; inoltre – pensavo – ciò che sappiamo può essere utile in modo diverso dal modo in cui è utile la patente di guida, o un’affettatrice. Ciò che sappiamo può servire a cambiare il modo di pensare, prima che di agire; e può essere utile a sapere ciò che dobbiamo credere: il che non è poco, anche se è un’utilità immateriale.
Continua a leggere “Connotazione, confusione e minestrone. Ovvero come i linguaggi oscuri possano far danno.”Il gioco della regina degli scacchi
The sun shone, having no alternative, on the nothing new.
Samuel Beckett

Nella storia d’amore più famosa del Medioevo, l’amore nasce davanti alla scacchiera. La storia di Tristano e Isotta è stata raccontata molte volte; e in una delle varianti, che ha avuto particolare successo nelle arti figurative, i due giovani bevono il filtro magico che li fa innamorare l’uno dell’altro mentre giovano a scacchi. Perché gli scacchi? Perché nel Medioevo erano un tipico passatempo nobiliare, in primo luogo. Ma anche perché gli scacchi sembrano simboleggiare perfettamente il rapporto amoroso, al punto che in alcune versioni del mito Tristano e Isotta smettono di giocare solo per incominciare insieme, come si legge nel Tristano Riccardiano (una traduzione toscana del Duecento che potrebbe aver letto anche Dante), «quello giuoco», «che infino a lloro vita lo giucarono volentieri», cioè quel gioco che avrebbero giocato volentieri fino alla fine della loro vita.
Ma il potere seduttivo degli scacchi, dal Medioevo a oggi, sembra essere rimasto inalterato, come dimostra il rapidissimo successo planetario della miniserie televisiva La regina degli scacchi (The Queen’s Gambit)[1], distribuita su Netflix il 23 ottobre 2020.[2] Non solo la serie ha fatto numeri stellari in termini di visualizzazioni e ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui il Golden Globe 2021 per la Migliore serie Tv (Best Television Motion Picture) e per la migliore attrice (Best Actress – Television Motion Picture), ma dal momento del suo lancio gli acquisti di scacchi e scacchiere, l’iscrizione a siti e piattaforme virtuali di scacchi e gli spettatori di canali tematici su YouTube (nonché il numero di canali stessi) sono aumentati vertiginosamente.[3] Quali sono le ragioni di questo successo?
Continua a leggere “Il gioco della regina degli scacchi”Cosa succede su Anticitera – 15/12/2020
Dopo una pausa abbastanza lunga, Anticitera riprende le attività con quattro nuovi contenuti. Edoardo Gianfagna evidenzia i limiti dell’impiego della tecnologia a fini didattici e mostra come il necessario ricorso ad essa in tempo di pandemia abbia ridato vigore a coloro che vogliono svecchiare la scuola senza chiedersi se la nuova scuola sia migliore. Francesca Romana Capone propone alcune letture utili per orientarsi in alcuni aspetti della pandemia, guardando non tanto ai numerosissimi instant book, quanto a testi dedicati a malattie del passato. Marco Grimaldi discute alcuni esempi di rapporti problematici tra filologia e mercato (la nuova Tosca, Shining di Kubrick, le edizioni di Luigi Pirandello e Franco Fortini). Infine, il breve pezzo di Alessandro Della Corte si propone come un (dichiaratamente incompleto, poco sistematico e non sempre oggettivo) paragone tra lavoro a distanza e lavoro in presenza. Segnaliamo in aggiunta ai nostri lettori due contenuti che, esteriormente, hanno ben poco in comune, ma che secondo noi possono essere invece messi utilmente a confronto. Il primo, disponibile a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=7A1aBe0C1jc è un video realizzato da una giovane (e molto popolare) youtuber australiana che condivide sul suo canale alcune delle sue esperienze come studentessa di fisica. Nel video si mostrano le reazioni di alcuni studenti di fisica australiani di oggi, posti di fronte alle domande di un esame svolto all’Università di Sidney nel 1888. Il secondo è un brano di Giovanni Vailati tratto da una prolusione a un corso sulla storia della meccanica letta il 4 dicembre 1896 all’Università di Torino, dal titolo Sull’importanza delle ricerche relative alla storia delle scienze. Nel primo caso, gli studenti si mostrano sbalorditi dal tipo di domande. Uno di loro, ad esempio, afferma di riuscire difficilmente a concepire una fisica in cui la gravità non è pensata in termini di geodetiche dello spazio-tempo, ma in termini puramente newtoniani – il che, per inciso, non è esatto se riferito alla fisica del 1888, perché, ad esempio, la formulazione hamiltoniana della meccanica aveva già visto la luce da vari decenni. In generale le domande d’esame, a nostro avviso molto interessanti, chiedono i principi di funzionamento di oggetti tecnologici, o di motivare l’adozione di certi strumenti teorici in base ai fenomeni per spiegare i quali essi sono stati concepiti. In particolare è proprio quest’ultimo tipo di piano di discorso che sfugge agli studenti odierni, molto più abituati a ragionare all’interno del formalismo teorico che a interrogarsi sui fenomeni e sui ragionamenti che hanno condotto alla loro formulazione. L’utilizzo sistematico di determinati modelli, e del relativo formalismo, comporta fisiologicamente una progressiva assuefazione al macchinario tecnico che sta alla base del funzionamento interno della teoria. Muovendosi esclusivamente su questo piano astratto si rischia spesso di dimenticare che gli strumenti impiegati sono una possibile descrizione di alcune porzioni di realtà, e non concetti che promanano automaticamente dalla natura stessa delle cose. È proprio in questo senso che ci sembra interessante accostare a questo video il brano di Vailati, in cui l’autore mostra una consapevolezza ben diversa, riflettendo sulla storia lunga e complessa che, a partire da singoli problemi e attraverso progressive generalizzazioni, ha necessariamente preceduto l’introduzione di tecniche formali molto più generali e potenti. Questo tipo di consapevolezza storica ci sembra il migliore vaccino possibile contro il rischio di perdere di vista, a causa dell’assuefazione prima descritta, il rapporto tra una teoria scientifica e la realtà osservabile. |
La storia come chiave per comprendere la pandemia
di Francesca Romana Capone
Per orientarci nella pandemia attuale, più che i numerosissimi “instant book” pubblicati a tempo di record, possono essere utili letture legate a malattie del passato e, comunque, edite prima dell’emergere del COVID-19 che, necessariamente, ha mutato lo sguardo sul problema.
Vedremo, allora, quanto l’efficacia dell’azione sanitaria sia connessa ad aspetti legati alla politica, alla comunicazione, alla fiducia e, in ultima istanza, alla capacità di comprendere i limiti stessi della nostra conoscenza.
L’ultima volontà del mercato
di Marco Grimaldi
1. La filologia dovrebbe porsi come obiettivo di ricostruire e interpretare correttamente i testi, letterari e non. Questo compito consiste talvolta nel riscoprire e nel riproporre il raro, l’antico e tutti i documenti che appaiono significativi per ragioni storiche; ma in genere sta soprattutto nel restituire ai lettori un testo il più vicino possibile all’originale, cioè, fino a prova contraria e quando non ci siano dubbi sulla natura di tale volontà, quello che si ipotizza corrispondere all’ultima volontà dall’autore.
Continua a leggere “L’ultima volontà del mercato”La rivincita della Scuola Radio Elettra
di Edoardo Gianfagna
Tra il 1951 e il 1995 c’era la Scuola Radio Elettra (SRE) di Torino. Era una scuola per corrispondenza ideata da un chimico, Vittorio Veglia, e da un ingegnere polacco, Tomasz Carver Paszkowski. Al massimo della sua espansione la SRE aprì distaccamenti in Francia, Germania, Spagna e nel continente africano. Offriva a tutti coloro che non avevano potuto, voluto o saputo conseguire il diploma quinquennale di periti elettronici una formazione a distanza secondo un piano di studi personalizzato in 30-50 lezioni, senza scadenze prefissate e senza limiti di età; ma soprattutto senza che l’allievo si dovesse spostare da casa, e garantendogli di fatto il successo formativo.
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