Dopo una pausa abbastanza lunga, Anticitera riprende le attività con quattro nuovi contenuti. Edoardo Gianfagna evidenzia i limiti dell’impiego della tecnologia a fini didattici e mostra come il necessario ricorso ad essa in tempo di pandemia abbia ridato vigore a coloro che vogliono svecchiare la scuola senza chiedersi se la nuova scuola sia migliore. Francesca Romana Capone propone alcune letture utili per orientarsi in alcuni aspetti della pandemia, guardando non tanto ai numerosissimi instant book, quanto a testi dedicati a malattie del passato. Marco Grimaldi discute alcuni esempi di rapporti problematici tra filologia e mercato (la nuova Tosca, Shining di Kubrick, le edizioni di Luigi Pirandello e Franco Fortini). Infine, il breve pezzo di Alessandro Della Corte si propone come un (dichiaratamente incompleto, poco sistematico e non sempre oggettivo) paragone tra lavoro a distanza e lavoro in presenza. Segnaliamo in aggiunta ai nostri lettori due contenuti che, esteriormente, hanno ben poco in comune, ma che secondo noi possono essere invece messi utilmente a confronto. Il primo, disponibile a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=7A1aBe0C1jc è un video realizzato da una giovane (e molto popolare) youtuber australiana che condivide sul suo canale alcune delle sue esperienze come studentessa di fisica. Nel video si mostrano le reazioni di alcuni studenti di fisica australiani di oggi, posti di fronte alle domande di un esame svolto all’Università di Sidney nel 1888. Il secondo è un brano di Giovanni Vailati tratto da una prolusione a un corso sulla storia della meccanica letta il 4 dicembre 1896 all’Università di Torino, dal titolo Sull’importanza delle ricerche relative alla storia delle scienze. Nel primo caso, gli studenti si mostrano sbalorditi dal tipo di domande. Uno di loro, ad esempio, afferma di riuscire difficilmente a concepire una fisica in cui la gravità non è pensata in termini di geodetiche dello spazio-tempo, ma in termini puramente newtoniani – il che, per inciso, non è esatto se riferito alla fisica del 1888, perché, ad esempio, la formulazione hamiltoniana della meccanica aveva già visto la luce da vari decenni. In generale le domande d’esame, a nostro avviso molto interessanti, chiedono i principi di funzionamento di oggetti tecnologici, o di motivare l’adozione di certi strumenti teorici in base ai fenomeni per spiegare i quali essi sono stati concepiti. In particolare è proprio quest’ultimo tipo di piano di discorso che sfugge agli studenti odierni, molto più abituati a ragionare all’interno del formalismo teorico che a interrogarsi sui fenomeni e sui ragionamenti che hanno condotto alla loro formulazione. L’utilizzo sistematico di determinati modelli, e del relativo formalismo, comporta fisiologicamente una progressiva assuefazione al macchinario tecnico che sta alla base del funzionamento interno della teoria. Muovendosi esclusivamente su questo piano astratto si rischia spesso di dimenticare che gli strumenti impiegati sono una possibile descrizione di alcune porzioni di realtà, e non concetti che promanano automaticamente dalla natura stessa delle cose. È proprio in questo senso che ci sembra interessante accostare a questo video il brano di Vailati, in cui l’autore mostra una consapevolezza ben diversa, riflettendo sulla storia lunga e complessa che, a partire da singoli problemi e attraverso progressive generalizzazioni, ha necessariamente preceduto l’introduzione di tecniche formali molto più generali e potenti. Questo tipo di consapevolezza storica ci sembra il migliore vaccino possibile contro il rischio di perdere di vista, a causa dell’assuefazione prima descritta, il rapporto tra una teoria scientifica e la realtà osservabile. |
Autore: cerigotto
La storia come chiave per comprendere la pandemia
di Francesca Romana Capone
Per orientarci nella pandemia attuale, più che i numerosissimi “instant book” pubblicati a tempo di record, possono essere utili letture legate a malattie del passato e, comunque, edite prima dell’emergere del COVID-19 che, necessariamente, ha mutato lo sguardo sul problema.
Vedremo, allora, quanto l’efficacia dell’azione sanitaria sia connessa ad aspetti legati alla politica, alla comunicazione, alla fiducia e, in ultima istanza, alla capacità di comprendere i limiti stessi della nostra conoscenza.
L’ultima volontà del mercato
di Marco Grimaldi
1. La filologia dovrebbe porsi come obiettivo di ricostruire e interpretare correttamente i testi, letterari e non. Questo compito consiste talvolta nel riscoprire e nel riproporre il raro, l’antico e tutti i documenti che appaiono significativi per ragioni storiche; ma in genere sta soprattutto nel restituire ai lettori un testo il più vicino possibile all’originale, cioè, fino a prova contraria e quando non ci siano dubbi sulla natura di tale volontà, quello che si ipotizza corrispondere all’ultima volontà dall’autore.
Continua a leggere “L’ultima volontà del mercato”La rivincita della Scuola Radio Elettra
di Edoardo Gianfagna
Tra il 1951 e il 1995 c’era la Scuola Radio Elettra (SRE) di Torino. Era una scuola per corrispondenza ideata da un chimico, Vittorio Veglia, e da un ingegnere polacco, Tomasz Carver Paszkowski. Al massimo della sua espansione la SRE aprì distaccamenti in Francia, Germania, Spagna e nel continente africano. Offriva a tutti coloro che non avevano potuto, voluto o saputo conseguire il diploma quinquennale di periti elettronici una formazione a distanza secondo un piano di studi personalizzato in 30-50 lezioni, senza scadenze prefissate e senza limiti di età; ma soprattutto senza che l’allievo si dovesse spostare da casa, e garantendogli di fatto il successo formativo.
Continua a leggere “La rivincita della Scuola Radio Elettra”La mission dello smart working
di Alessandro Della Corte
Uno degli istinti primari dell’uomo è quello di raccontare, si sa. E si sa che nei periodi di costrizione si tende, non appena possibile, a dare sfogo agli istinti. Per questi motivi il diario della quarantena è diventato un vero e proprio genere letterario, praticato da tutte le categorie di persone e a tutti i livelli. Si tratta ovviamente di una tendenza deprecabile, che andrebbe censurata da un rigido autocontrollo di tipo innanzitutto morale, ma che troppo spesso invece, in questa nostra epoca di mollezze, trionfa senza resistenze.
Questo breve pezzo non fa eccezione.
Un brano di Giovanni Vailati
La storia delle scienze matematiche ci presenta un esempio unico ed ammirabile d’un processo continuo di elaborazione e di svolgimento nel quale ogni avanzamento ha sempre presupposto come condizione indispensabile gli avanzamenti anteriori e in cui ogni nuovo acquisto si appoggia e si sovrappone agli acquisti antecedenti e tende ad accrescerne piuttosto che a sminuirne e ad attenuarne l’importanza. Se Archimede o Apollonio potessero rivivere oggi ed esser messi a parte di tutto ciò che è stato trovato o dimostrato dai loro tempi fino a noi sui soggetti da loro investigati, non si potrebbe mostrar loro una sola proposizione che contraddica alle conclusioni alle quali essi erano arrivati, ed essi non potrebbero esser costretti a confessare d’aver avuto torto in una sola delle loro affermazioni. Se Euclide assistesse a una lezione di geometria in uno dei nostri licei o istituti tecnici, non durerebbe certo fatica a riconoscere che le proposizioni, le definizioni, i teoremi, le dimostrazioni che costituiscono la materia del programma svolto, sono in fondo ancora le sue proposizioni e le sue dimostrazioni, solo qualche volta leggermente ritoccate e non sempre migliorate. Se egli poi volesse divertirsi a sfogliare un volume qualunque dei nostri periodici di matematica non tarderebbe ad afferrare, attraverso alle differenze puramente formali e secondarie, la profonda identità tra lo spirito che animava le sue ricerche e quello che continua a guidare e dominare le ricerche dei matematici d’oggi; egli constaterebbe come il suo rigore è ancora il nostro rigore, come il suo punto di partenza è ancora il nostro punto di partenza, e come non ci è possibile studiare neppure quella geometria che abbiamo voluto chiamare non euclidea senza far uso dei procedimenti di cui egli per il primo ci ha insegnato a valerci. Non è solo però sotto questa forma diretta e tangibile che la cooperazione tra i cultori attuali delle scienze matematiche e i loro predecessori si manifesta e dà impulso ai progressi della scienza. Vi è un’altra specie di collaborazione che si potrebbe chiamare automatica o inconscia e che non è meno importante a considerare. È nota l’osservazione di Eulero, colla quale egli accenna all’impressione cui non poteva sottrarsi, ogni qual volta dalla natura dei suoi lavori era portato a servirsi di lunghi sviluppi o trasformazioni di formole per giungere ai risultati che aveva in vista. Gli pareva allora, egli dice, che i suoi simboli e le sue formole s’incaricassero di pensare e ragionare per lui e che la sua matita vincesse di perspicacia il suo cervello. Ed egli spingeva la sua fiducia nella sua matita fino al punto di pronunciare, in presenza di un risultato assurdo a cui essa lo portava, la celebre frase: Sebbene ciò sembri contrario alla verità, pure è più da fidarsi del calcolo che del nostro stesso giudizio. (Mechanica, voI. I, § 272 ). Tale impressione e tale fiducia, per quanto sembrino a prima vista strane ed ingiustificabili, diventano perfettamente spiegabili e naturali quando si pensi quante idee e quante meditazioni, alcune delle quali rimontano a secoli anteriori, si trovano, per così dire, concentrate e immagazzinate in quei segni e in quelle formole che l’abitudine ci pone in grado di maneggiare con tanta facilità e rapidità. In esse cooperano effettivamente ancora con noi, a così grande distanza di tempo, altre menti, senza il cui aiuto noi dovremmo ripetere, ritornando da capo, tutto il lavoro che esse hanno fatto una volta per tutte. Tratto da: |
Cosa succede su Anticitera 20/02/2020
Oggi proponiamo ai lettori di Anticitera la seconda uscita della rubrica Vite perpendicolari, questa volta dedicata a due campioni mondiali di scacchi, e curata da Alessandro Della Corte. Crediamo infatti che il paragone possa essere interessante per sviluppare alcune riflessioni sui rapporti tra gioco e sport e tra cultura specialistica e cultura condivisa. Il secondo contributo che proponiamo è un’ampia e circostanziata recensione di Francesca Romana Capone al libro di David Reich, Chi siamo e come siamo arrivati fin qui. Il DNA antico e la nuova scienza del passato dell’umanità, recentemente tradotto in italiano. Il libro riprende, tra gli altri, il tema dell’analisi della varietà umana e dei problemi che essa pone, che abbiamo già affrontato su Anticitera. Infine, nella sezione Raccolte di Testi presentiamo un breve estratto da un libro di Christopher Lasch che ha il merito di inquadrare con una certa lucidità il dibattito americano di qualche decennio fa sulla cultura di massa, fornendo a nostro avviso alcune prospettive utili ancora oggi.
Vite perpendicolari – II
Le analogie possono essere uno strumento comunicativo estremamente efficace. Lo sapeva bene Plutarco, che cercò di dipingere, nelle sue Vite Parallele, un’improbabile similitudine fra il suo nativo mondo greco e quello romano che lo aveva adottato. Ma forse ancor più istruttivi delle analogie sono i contrasti. Particolarmente interessanti, ad esempio, sono gli elementi di contrasto nelle vite di persone che, per i motivi più vari, possono essere sensatamente messe a confronto. In questa rubrica vogliamo appunto raccontare storie di uomini e donne più o meno noti e importanti che, a partire da rilevanti elementi condivisi, hanno conosciuto destini molto diversi.
Emanuel Lasker e Magnus Carlsen
di Alessandro Della Corte
Nel suo libro del 2007 How life imitates chess, Garry Kasparov sostiene (fin dal titolo volutamente provocatorio) che gli scacchi sono molto più di un semplice gioco e che la loro ricchezza può insegnare molto anche fuori dalla scacchiera. Kasparov si concentra soprattutto sulla dimensione individuale, cercando di tradurre la sua pluridecennale esperienza di scacchista di vertice in consigli utili all’affermazione personale. Ma il parallelo tra scacchi e realtà può spingersi molto più in là. L’evoluzione storica del gioco e della sua percezione sociale ne fanno infatti uno specchio sorprendentemente fedele, e per certi versi illuminante, della cultura coeva [1]. Le vite perpendicolari che consideriamo in questo articolo, quelle di due campioni mondiali di scacchi vissuti a più di un secolo di distanza, sono interessanti proprio per questo.
Recensione a “Chi siamo e come siamo arrivati fin qui. Il DNA antico e la nuova scienza del passato dell’umanità” di David Reich
di Francesca Romana Capone
Premessa
Nei primi anni ’90, Luigi Luca Cavalli Sforza, assieme a Paolo Menozzi e Alberto Piazza, pubblicava il fondamentale saggio Storia e geografia dei geni umani, che raccoglieva decenni di studi gettando le basi della moderna antropologia genetica. A distanza di meno di trent’anni, un suo giovane allievo, David Reich, ci mostra in Chi siamo e come siamo arrivati fin qui come il progresso nelle tecnologie di sequenziamento del genoma e la possibilità di studiare DNA antico abbiano in parte rivoluzionato le conclusioni tratte dal maestro.
Cosa succede su Anticitera 16/12/2019
Proponiamo oggi ai lettori di Anticitera quattro nuovi contenuti.