Il commercio sotterraneo di criptovalute in Tunisia: come funziona e perché non si ferma

Il commercio sotterraneo di criptovalute in Tunisia: come funziona e perché non si ferma

Calcolatore di valuta: Dinari vs USDT

Valuta e inflazione in Tunisia

L'inflazione del 9% nel 2024 rende il dinaro tunisino meno stabile. Scopri quanto denaro potresti salvare convertendo in USDT.

Il 15 maggio 2018, la Banca Centrale della Tunisia (BCT) ha dichiarato illegali tutte le transazioni in criptovalute. Nessuna eccezione. Nessun grigio. Nessun "forse". Era un divieto totale: chiunque usasse Bitcoin, Ethereum o USDT rischiava di finire in prigione. Eppure, sei anni dopo, il mercato delle criptovalute in Tunisia è più vivo che mai. Non è un fenomeno di nicchia. È un’economia parallela che coinvolge decine di migliaia di persone, dalla gioventù urbana agli artigiani che vendono prodotti locali. E non si ferma. Perché? Perché il divieto ha fallito. E non per mancanza di volontà, ma perché la tecnologia non si arresta con un decreto.

Chi ci guadagna, e chi ci perde

Il governo tunisino ha giustificato il divieto con due argomenti: la protezione del sistema finanziario e il rispetto delle norme islamiche sulle finanze. Ma la realtà è più complessa. Mentre le banche bloccano ogni transazione sospetta e i conti vengono congelati senza preavviso, i trader tunisini hanno imparato a girare intorno al sistema. Usano VPN per accedere a Binance P2P, LocalBitcoins, KuCoin e OKX. Non usano exchange locali - non ce ne sono. Non ne possono esserci. Ma usano persone. Scambiano Bitcoin con contanti in parcheggi, caffè, o persino nei mercati del venerdì. Il denaro fisico diventa il ponte tra il digitale e il reale.

Il più usato? USDT. La stablecoin legata al dollaro. Perché? Perché in Tunisia l’inflazione ha superato il 9% nel 2024, e il dinaro tunisino perde valore ogni mese. Mentre il governo stampa moneta e le importazioni costano sempre di più, le persone cercano un rifugio. Il dollaro digitale, anche se illegale, è più stabile del dinaro. E non serve un conto bancario. Basta un telefono e una connessione internet.

Il paradosso dello Stato

C’è un paradosso che nessuno vuole ammettere: il governo sta costruendo una moneta digitale dello Stato (CBDC), mentre punisce chi usa Bitcoin. La stessa amministrazione che arresta un ragazzo di 17 anni per aver scambiato Ethereum nel 2021, sta finanziando progetti blockchain per la tracciabilità delle forniture agricole e per sistemi di voto elettronico. La Banca Centrale ha un team dedicato a studiare la tecnologia blockchain. Ma solo se non è decentralizzata. Solo se è controllata. Solo se non sfugge al loro controllo.

Poste Tunisienne, l’azienda statale delle poste, sta sviluppando un sistema di pagamenti basato su blockchain. Ma se un cittadino prova a usare lo stesso tipo di tecnologia per comprare un po’ di Bitcoin, viene considerato un criminale. Questa contraddizione non è un errore. È una strategia. Il governo vuole il controllo, non l’innovazione. Vuole la tecnologia senza la libertà.

Un mercato settimanale dove i venditori accettano USDT in contanti tra frutta e verdura.

Le vie di fuga: come funziona il trading sotterraneo

Il sistema è semplice, ma efficace. Prima di tutto, si usa una VPN. Non una qualsiasi. Quelle che funzionano contro i filtri della BCT. Poi, si va su un exchange internazionale - Binance P2P è il più popolare - e si cerca un venditore che accetti pagamenti in contanti. Il venditore può essere a Tunisi, a Sfax o a Kairouan. Il compratore va a incontrarlo. Si scambia il denaro fisico. Il venditore rilascia il Bitcoin sul wallet del compratore. Niente banca. Niente traccia digitale. Niente documenti.

Per convertire Bitcoin in dinari, il processo è più rischioso. Le banche bloccano automaticamente i movimenti da portafogli cripto. Quindi i trader usano intermediari: un amico che ha un conto bancario pulito, un negoziante che accetta pagamenti in cripto e li trasforma in contanti, o un gruppo di fiducia su Telegram che organizza scambi collettivi. Questi sistemi sono organizzati come reti di cooperazione, non come aziende. Non hanno sede legale. Non hanno licenze. Non hanno fatture. E questo li rende invisibili alle autorità - per ora.

Chi viene punito, e perché

Le punizioni non sono teoriche. Nel 2021, un adolescente di 16 anni è stato arrestato per aver gestito un piccolo servizio di scambio P2P tra studenti. È stato tenuto in custodia per 45 giorni. Il caso ha fatto scalpore. Ha spinto alcuni parlamentari a chiedere una revisione della legge. Ma non è cambiato nulla. Le banche continuano a monitorare i movimenti. Se un conto riceve tre depositi consecutivi da portafogli cripto, viene segnalato alla CTAF, il Comitato Tunisino di Analisi Finanziaria. E da lì, può partire un’indagine. L’obiettivo non è solo punire: è intimidire. Far capire che chi usa criptovalute è un rischio, un outsider, un potenziale riciclatore.

Ma i trader non sono criminali. Sono studenti, medici, ingegneri, commercianti. Persone che vogliono proteggere i loro risparmi. Che vogliono pagare per servizi online senza dover passare per un sistema bancario corrotto e lento. Che vogliono inviare denaro ai parenti all’estero senza pagare il 15% di commissione. La legge li chiama criminali. La realtà li chiama sopravvissuti.

Un funzionario firma un sistema blockchain mentre un ragazzo viene arrestato per criptovalute.

Il cervello che fugge

Il vero costo del divieto non è nelle arresti. È nella fuga. Ogni anno, centinaia di giovani sviluppatori, programmatori e imprenditori lasciano la Tunisia. Non per mancanza di opportunità. Perché in Canada, in Svizzera, in Georgia, possono costruire progetti DeFi, creare NFT, sviluppare applicazioni blockchain senza paura di finire in prigione. E portano con sé competenze che la Tunisia non riesce a trattenere. Il paese perde innovazione. Perde talento. Perde futuro.

Alcuni rimangono. Ma cambiano strategia. Invece di usare criptovalute, lavorano su blockchain per la logistica, la sanità, l’agricoltura. Progetti che non violano la legge. Progetti che il governo accetta. Ma sono solo la punta dell’iceberg. Il resto - il vero potenziale - rimane sotterraneo. E in silenzio.

Il futuro è ancora aperto

Nel 2025, un disegno di legge è in fase di discussione in Parlamento. Propone di decriminalizzare la semplice possesso di criptovalute e di introdurre un sistema di licenze per gli exchange. Non è una legalizzazione completa. Ma è un segnale. Un segnale che il divieto non funziona. Che la repressione non elimina la domanda. Che la tecnologia è più forte della burocrazia.

La Banca Centrale ha iniziato a parlare di regolamentazione. Non di proibizione. Di controllo, non di cancellazione. Ma il tempo stringe. Ogni giorno che passa senza riforma, più persone si abituano a operare nell’ombra. Più reti si sviluppano. Più soldi escono dal sistema formale. E più il governo perde il controllo - non sulle criptovalute, ma sulla fiducia dei suoi cittadini.

La Tunisia non è l’unico paese che ha provato a bloccare le criptovalute. Ma è uno dei pochi dove il divieto ha creato un’intera cultura di resistenza digitale. Non è un movimento politico. È una risposta pratica. Un modo per sopravvivere in un sistema che non funziona. E finché il dinaro continuerà a perdere valore, finché le banche continueranno a bloccare i conti, finché il governo continuerà a scegliere il controllo invece della trasparenza - il trading sotterraneo non si fermerà. Anzi. Crescerà.

Charlotte McCarthy
Charlotte McCarthy

Lavoro come consulente blockchain e ricercatrice in criptovalute per startup e fondi. Mi piace spiegare la tokenomics e scrivere articoli su coin e airdrop con un taglio pratico. Parlo a conferenze e costruisco community intorno a progetti web3.

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RISPOSTE

Fabio Queiroz
Fabio Queiroz

La Tunisia sta facendo esattamente ciò che tutti i governi fanno: cercano di controllare qualcosa che non possono controllare. Il denaro digitale non è un crimine, è una risposta. E quando le banche ti chiudono la porta, la gente costruisce la finestra. Ecco perché il trading sotterraneo cresce. Non perché sono ribelli, ma perché sono realisti.

  • novembre 20, 2025
Giovanna Vigliotti
Giovanna Vigliotti

Non ho mai capito perché si parli di "crimine" quando qualcuno usa Bitcoin per salvare i propri risparmi da un dinaro che perde valore ogni settimana. È come punire un uomo per aver rubato il pane perché non aveva lavoro. Qui non c’è illegalità, c’è sopravvivenza.

  • novembre 21, 2025
Lyn Leone
Lyn Leone

Io ci ho provato. Ho comprato 0.02 BTC da un tizio in un bar a Tunisi. Mi ha dato il cash, io ho dato il QR code. Niente documenti. Niente banca. Niente problemi. E sa cosa? Mi ha ringraziato. Perché io gli ho dato un po’ di sicurezza. Non è un criminale, è un amico che cerca di sopravvivere. E la legge? La legge è un pezzo di carta che non mangia.

  • novembre 23, 2025
Maria Montalbano
Maria Montalbano

Ok ma chi vi dice che non è un lavaggio di denaro mascherato da sopravvivenza? 😏 La BCT sa cosa sta succedendo. E forse... forse... lo sta lasciando fare per poi chiudere tutto in un colpo solo. Sì, è un piano. Una trappola. E voi siete i pesci che nuotano felici nel lago avvelenato. Aspettate che arrivi la "riforma" e vi troverete con i conti bloccati e il portafoglio svuotato. Non siete eroi. Siete i prossimi numeri su un rapporto della CTAF.

  • novembre 24, 2025
Nicoletta Karpathios
Nicoletta Karpathios

Ma chi vi ha autorizzato a violare la legge? La legge esiste per proteggere la società. Non per essere "bella" o "giusta". È un ordine. E voi, con i vostri "parcheggi" e i vostri "Telegram group", state distruggendo il tessuto sociale. Non è innovazione. È anarchia. E l’anarchia non paga le pensioni.

  • novembre 25, 2025
Apollonia Pacini
Apollonia Pacini

La contraddizione fondamentale risiede nell’epistemologia del controllo statale: la tecnologia blockchain, in quanto infrastruttura decentralizzata, sfida il paradigma della sovranità monetaria come costrutto politico. L’adozione di un CBDC da parte dello Stato non rappresenta un progresso, bensì una cooptazione strutturale della tecnologia per rafforzare la sua egemonia. Il divieto delle criptovalute non è una misura economica, è un atto di potere epistemologico. La Tunisia non sta combattendo il denaro digitale; sta combattendo l’idea che la fiducia possa esistere senza l’autorità centrale.

  • novembre 27, 2025
Marco Perazzo
Marco Perazzo

Io ho un amico a Sfax che vende kebab e accetta USDT. Gli hanno bloccato il conto tre volte. Ora compra gli ingredienti con Bitcoin. Non gli importa della legge. Gli importa di mangiare. E di pagare l’affitto. Il governo può fare tutto il discorso che vuole, ma quando il dinaro vale meno del pane, la gente sceglie il pane. Non è ribellione. È semplicemente vivere.

  • novembre 27, 2025
Gianluca Sbardella
Gianluca Sbardella

La cosa più triste? I ragazzi bravi se ne vanno. Io ho un cugino che ha creato un app per scambiare cripto in Tunisia. L’hanno minacciato. Ora lavora a Tallinn. E ha un salario in euro. La Tunisia perde i migliori. E poi si chiede perché non cresce. Non è colpa della guerra. È colpa della paura. E la paura non costruisce niente

  • novembre 28, 2025
Giuseppe Medaglia
Giuseppe Medaglia

È doveroso ricordare che l’emissione di moneta è un attributo esclusivo dello Stato sovrano, come previsto dalla dottrina monetaria classica. L’adozione di valute non regolamentate rappresenta una violazione del principio di legalità monetaria, nonché un’offesa alla dignità istituzionale della Banca Centrale. L’uso di VPN per eludere il divieto non è un atto di libertà, ma un’infrazione alla legge positiva. Non si può costruire una società sulle eccezioni.

  • novembre 29, 2025
Giulia Gavrila
Giulia Gavrila

Quello che sta accadendo in Tunisia è un esempio di resilienza culturale. Non è solo una questione di denaro. È una questione di identità. La gente sta creando un nuovo modo di essere, fuori dai sistemi che non funzionano. E questo non è illegale. È umano. E forse, un giorno, il mondo intero guarderà a questo esempio e capirà che la vera innovazione nasce dalla necessità, non dai decreti.

  • dicembre 1, 2025
Martina Tropea
Martina Tropea

Io ho pianto. Ho proprio pianto. Leggendo di quel ragazzo di 16 anni in prigione per aver scambiato Ethereum... E poi ho pensato: cosa farò quando mi arrestano? E se non potrò più parlare con mia madre? E se il mio telefono viene confiscato? E se... e se... non ci sarà più nessuno che capisce? Non è solo denaro. È la mia libertà. E loro la stanno rubando. E non dicono niente. Nessuno dice niente. E io... io non so cosa fare.

  • dicembre 2, 2025

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